(Del capítulo VIII, fragmento de la carta de Margarita a Anania escrita poco después de la medianoche)
«Recuerda,
Anania, ¡recuerda! Incluso anoche me dijiste que desde la cumbre del
Gennargentu lloraste tu amor, proclamándolo eterno. Así que estabas mintiendo;
¿Estabas mintiendo anoche? ¿Y por qué?... ¡Por qué me tratas así! ¿Qué hice
para merecer tanto dolor? ¿Será posible que no recuerdes cuánto te he amado
siempre? ¿Recuerdas que una noche estuve en la ventana y me tiraste una flor
después de besarla? Guardo esa flor para adornar mi vestido de novia; y digo
que la guardo porque estoy seguro de que serás mi esposo amado, que no querrás
ver morir a tu Margarita (¿y tu soneto lo recuerdas?), que seremos tan felices,
en nuestra casita, solos, solos con nuestro amor y nuestro deber. Estoy esperando, ahora
mismo, una palabra de esperanza. Dime que todo fue un sueño tormentoso; dime
que la razón ha regresado a ti, y que te arrepientes de haberme hecho sufrir.
«Mañana por la
noche, o más bien esta noche, porque ya es pasada la una, te estaré esperando;
no te lo pierdas; ven, adorado, ven, mi amado esposo, ven: te esperaré como la
flor espera el rocío después de un día de sol ardiente; ven, déjame revivir,
déjame olvidar; ven, adorado, mis labios, ahora bañados en lágrimas amargas,
descansarán sobre tu boca amada como....»
- ¡No! ¡No! ¡No!
-dijo Anania convulsivamente, retorciendo la carta sin leer las últimas líneas-. ¡No
voy a ir! ¡Eres vil, eres un vil cobarde! Moriré, pero nunca me volverás
a ver.
(«Ricorda,
Anania, ricorda! Anche ieri notte mi dicevi che dalla vetta del Gennargentu
gridasti il tuo amore, proclamandolo eterno. Dunque mentivi; anche ieri notte
mentivi? E perchè?... Perchè mi tratti così! Che ho fatto io per meritarmi
tanto dolore? Possibile che tu non ricordi come ti ho sempre amato? Ricordi una
sera che io stavo alla finestra e tu mi buttasti un fiore, dopo averlo baciato? lo conservo quel fiore per ornarme il mio vestito da sposa; e dico conservo perchè son certa che tu sarai il mio sposo diletto, che tu non vorrai far moriré la tua Margherita (e il tuo sonetto, lo ricordi?), che saremo tanto felici, nella nostra casetta, soli, soli col nostro amore ed il nostro dovere. Sono io che aspetto da te, súbito, una parola di speranza. Dimmi che tutto fu un sogno tormentoso; dimmi que la ragione è ritornata in te, e che ti penti d'avermi fatto soffrire.
«Domani notte, o meglio stanotte, perchè è già passata la una, ti aspetto; non mancare; vieni, adorato, vieni, diletto mio, mio amato sposo, vieni: io ti aspetterò come il fiore aspetta la rugiada dopo una giornata di sole ardente; vieni, fammi rivivere, fammi dimenticare; vieni, adorato, le mie labbra, ora bagnate d’amaro pianto, si poseranno sulla tua bocca amata come....»
«Domani notte, o meglio stanotte, perchè è già passata la una, ti aspetto; non mancare; vieni, adorato, vieni, diletto mio, mio amato sposo, vieni: io ti aspetterò come il fiore aspetta la rugiada dopo una giornata di sole ardente; vieni, fammi rivivere, fammi dimenticare; vieni, adorato, le mie labbra, ora bagnate d’amaro pianto, si poseranno sulla tua bocca amata come....»
- No! no! no! -disse convulso Anania, torcendo la lettera senza leggerne le ultime righe-. Non verró! Sei vile, vile, vile! Morró ma non mi vedrai mai più.
Coi fogli stretti nel pugno si gettò
sul letto, e nascose il viso sul guanciale, mordendolo, comprimendo i
singhiozzi che gli gonfiavano la gola.
Un fremito di passione lo percorreva
tutto, dai piedi alla nuca; le invocazioni di Margherita gli davano un desiderio
cupo dei baci di lei, e a lungo lottò acerbamente contro il folle bisogno di
rileggere la lettera sino in fondo.
Ma a poco a poco riprese coscienza di sè e
di ciò che provava. Gli parve di aver veduto Margherita nuda, e di sentire per
lei un amore delirante e un disgusto così profondo che annientava lo stesso
amore.)
Grazia Deledda (Italia, 1871-1936). Obtuvo el premio Nobel en 1926.
(Traducido del italiano por Jules Etienne).
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